Il trumpismo sopravviverà a Trump

Antonio Scalari
3 min readNov 5, 2020

Il 4 Novembre ci siamo risvegliati con la mente rivolta a non so più quale contea della Pennsylvania, del Michigan, del Nevada o della Georgia, nell’incertezza che avvolgeva il voto per posta (in teoria favorevole al candidato democratico Joe Biden, ma i condizionali in quelle ore non si contavano più). Un’incertezza accentuata dalle bizzarrie dell’electoral college. E con lo spettro dello scenario peggiore possibile: un contezioso legale, dalla durata indefinita.

Ci siamo risvegliati con davanti agli occhi l’immagine di un paese che, comunque andrà, ha dimostrato di non rifiutare in massa il trumpismo. Nemmeno dopo una gestione disastrosa di una pandemia. Un paese in cui ampi settori della popolazione sono ancora ostaggio di una delle destre più forti del pianeta, delle sue menzogne, dei suoi demagoghi, della disinformazione dei suoi media e dei suoi think-tanks.

E ostaggio, purtroppo, lo sono anche i ceti e le aree geografiche (Rust Belt, aree rurali) che, in percentuali spesso molto ampie, si affidano ancora a un partito, il GOP, che tutto fa tranne che i loro reali interessi. Ma che evidentemente, al di là dell’ideologia che prevale in quelle aree del paese e del lavaggio del cervello che subiscono dai media di destra o da qualche invasato pastore evangelico, pensano che, per i propri interessi immediati, materiali, l’alternativa sia peggio. Anche perché in effetti l’alternativa, su diversi temi, non è così tanto alternativa (questo vale anche per l’Italia).

(Nel frattempo, entrava formalmente in vigore il ritiro degli USA dall’accordo di Parigi sul clima, deciso da Trump. A ricordarci chi deve perdere questa elezione).

La probabile (come sembra, mentre scrivo) vittoria di Joe Biden non segnerà la fine del trumpismo. Il suo ingresso alla Casa Bianca non sarà una cosa indolore.

L’idea di un pacifico passaggio dei poteri è parte della prassi politica statunitense fin dalla fondazione della repubblica e dalla prima transizione presidenziale, quella da Washington ad Adams del 1797. Trump tenta, in queste ore, di incrinare anche questo pilastro e di portare a galla (come ha già fatto) paranoie e complottismi sedimentati nel profondo delle strutture mentali del paese.

Il capo di un’Amministrazione che ha fatto della menzogna (dal clima alla pandemia) un programma e uno stile politici cerca di dare un ultimo colpo di coda spargendo nuove bugie. Non è neanche più propaganda, perché anche la propaganda deve essere verosimile e non può essere 100% menzogna.

I suoi sostenitori, che in diverse località assediano i seggi elettorali chiedendo di fermare il voto, rispondono alla chiamata che arriva dalle mail della campagna Trump-Pence:

«chiedo ai miei più ferventi e fedeli sostenitori, come TE, di CONTRATTACCARE».

Un’interpretazione letterale di queste parole, in un paese dove si tengono in casa AK-47 e AR-15, potrebbe avere qualche effetto spiacevole.

La caduta di Trump, dalle parti delle frontiere più estreme del trumpismo, è già definita come La Frode. Forse alimenterà nuovi miti, come quello pseudostoriografico della Causa Perduta della Confederazione dopo la Guerra Civile.

Intanto: Marjorie Taylor Greene, candidata repubblicana adepta della teoria del complotto QAnon, è stata eletta alla Camera dei rappresentanti nel 14esimo distretto congressuale della Georgia. Il commentatore conservatore Glenn Beck si dice fiducioso del fatto che la Fine dei Tempi arriverà nei prossimi 10 anni. Paula White, predicatrice e consigliere spirituale di Trump, considerata una ciarlatana perfino da molti evangelici conservatori, invoca schiere angeliche contro le «confederazioni demoniache» che vogliono rubare l’elezione.

Per quanto tutto ciò possa sembrarci stravagante, folle, incomprensibile, si tratta di fenomeni che in buona parte precedono l’ascesa al potere di The Donald. La destra, nelle sue diverse declinazioni, ha guadagnato sempre più spazio negli ultimi decenni in un partito repubblicano che dagli anni ’70 ad oggi si è allontanato sempre di più dal centro dello spettro politico americano. Tanto che il conservatorismo moderato rappresentato da figure come George Bush Sr. è ormai minoranza nel GOP. Perfino il figlio, W., il campione degli evangelici e della Right Nation, oggi sembra un moderato in confronto al populismo di destra trumpiano e a quello a cui è riuscito a dare voce nel paese.

Ma il trumpismo non fa altro che estremizzare tendenze ideologiche, culturali o sottoculturali già radicate negli Stati Uniti.

Il trumpismo sopravviverà a Trump.

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Antonio Scalari

Comunicatore della scienza. Qui pubblico riflessioni su argomenti vari.